E’ tutta colpa delle convinzioni limitanti!

E’ tutta colpa delle convinzioni limitanti!

Se nel precedente articolo vi ho semplicemente introdotto ciò che sono le convinzioni per ognuno di noi e le loro conseguenze, adesso mi soffermerò, più nel dettaglio, su una delle due grandi categorie in cui possono essere divise.

Le convinzioni possono essere limitanti oppure potenzianti.


Oggi vi parlerò della prima tipologia:
LE CONVINZIONI LIMITANTI

Frequentavo il quinto Liceo e mi preparavo agli esami di Maturità quando ebbi un vivace, quanto interessante confronto con mio padre (era un professore di Italiano) riguardo all’ideale dell’Ostrica verghiano (l’ostrica è attaccata al proprio scoglio, non ha possibilità di staccarsi e, nel momento in cui lo farà, sarà costretta a morire): tutti gli uomini sono lasciati ad un destino impietoso e crudele che li condanna non solo all’infelicità e al dolore, ma ad una condizione di immobilismo nell’ambiente familiare, sociale ed economico in cui sono venuti a trovarsi nascendo. Chi cerca di uscire dalla condizione in cui il destino lo ha posto non trova la felicità agognata, ma va incontro a sofferenze maggiori, come succede a ’Ntoni Malavoglia e a Mastro Don Gesualdo, personaggi dei romanzi verghiani. In questa visione un po’ pietrificata della società il grande autore siciliano sottolinea con forza l’importanza del destino (cioè il credere in una potenza oscura e misteriosa che regola la vita degli uomini): non ci si può ribellare poiché non c’è possibilità di cambiamento o riscatto.

Immerso in una visione limitante e poco incoraggiante della vita, il Verga sosteneva che i deboli (che l’autore identificava con i poveri dell’epoca, ovvero i contadini, i braccianti, i pescatori) dovevano rimanere legati ai valori della famiglia, al lavoro, alle antiche tradizioni, perché solo in tal modo, aggrappandosi a queste certezze, avrebbero evitato che il pesce vorace, ovvero il mondo, li divorasse. Insomma, nell’ideale di Verga, come l’ostrica vive al sicuro finché resta ben avvinghiata allo scoglio su cui è nata, così l’uomo vive sicuro e protetto fino a quando non comincia a provare il desiderio del cambiamento, del miglioramento.

Una visione limitante della vita, forse più comoda che necessaria. Già, perché se è vero che il cambiamento ci espone al rischio, è altrettanto vero che è il solo modo per crescere, per progredire, per migliorare, per avere successo e per realizzare i nostri desideri. E non c’è nulla di irrealistico in quel che vi sto dicendo. E’ ancora la stessa psicologia a incidere in una percentuale molto alta sulla possibilità di successo o di fallimento dei nostri progetti. Siete voi a decidere. Sono le vostre convinzioni a spingervi verso il basso, oppure a trovare il modo per spiccare il volo.

Mi basta quello che ho.” è forse, tra le convinzioni limitanti, la peggiore perché vi immobilizza in uno stato di stasi sterile e inerte. Questo tipo di convinzione può nascere da due atteggiamenti psicologici differenti ed entrambi dannosi.

In un primo caso a pensarlo sono persone che hanno paura del miglioramento, e sono rassegnate all’impossibilità del cambiamento.

E’ questa una condizione di immobilismo che porta all’infelicità, se non si ha la capacità di capire che queste convinzioni sono tali solo perché noi le pensiamo e le rendiamo tali, limitandoci e privandoci di ciò che desideriamo. Queste persone sono prive di stimoli e di “visioni” e, probabilmente, neppure si interrogano sul futuro o su cosa potrebbe accadere se un evento spiacevole (la perdita del lavoro, ad esempio) o piacevole (un business di successo, ad esempio) sconvolgesse le loro vite.

Ecco, la convinzione limitante “mi basta quello che ho” li rassegna a vivere dignitosamente il proprio destino, precludendosi piaceri, sogni e progetti che queste persone pensano possano appartenere solo ai ricchi, che sono dei fortunati.

In un secondo caso ad essere convinti di questa credenza limitante sono le persone che vorrebbero fare, crescere, migliorare, ma che decidono di non riuscirci per diverse ragioni. La differenza rispetto al primo gruppo di persone sta nel fatto che, nel primo caso, questi limiti depotenzianti sono accettati con rassegnazione,  mentre in questo secondo caso generano spesso sentimenti di invidia, di risentimento e di gelosia, generati dalla frustrazione che si prova. A ben pensarci mi torna alla mente la favola del poeta greco Esopo, La volpe e l’uva: “Una volpe affamata, come vide dei grappoli d’uva che pendeva- no da una vite, desiderò afferrarli ma non ne fu in grado. Allontanandosi però disse fra sé: «Sono acerbi»”.

Così anche alcuni tra gli uomini, che per incapacità non riescono a superare le difficoltà, rendono colpevoli le circostanze.

Non riuscite ad ottenere qualcosa? Non accusate gli altri, l’ambiente, le opportunità, e neanche le circostanze. La colpa è solo vostra!

In successione altri esempi di convinzioni limitanti:

  • sono incapace, sono un fallito;
  • questo è un periodo di crisi;
  • sono una donna;
  • sono un uomo;
  • ormai sono troppo vecchio;
  • ora sono troppo giovane;
  • chi si accontenta gode;
  • io sono fatto così;
  • non sono all’altezza della situazione;
  • per fare soldi ci vogliono i soldi;

    Questa l’interpretazione che danno alla propria vita le persone con convinzioni limitanti!

Tratto dal mio libro “I soldi ti rendono libero”

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